Come diagnosticare la PFIC
La diagnosi di colestasi intraepatica familiare progressiva si basa sull’osservazione clinica, sulla colangiografia e sugli esami ecografici e istologici del fegato, nonché su test specifici utili ad escludere altre cause di colestasi infantile. Le indagini genetiche sono importanti per la conferma diagnostica ma non sempre risolutive, poiché molti dei geni, solo di recente riconosciuti come associati alle diverse forme di PFIC, non sono ancora inclusi nelle analisi standard.
In generale, possiamo individuare i seguenti esami diagnostici:
- Esami del sangue
- Ecografia, TAC o risonanza magnetica
- Biopsia epatica
- Test genetici
Esami di laboratorio: le PFIC 1 e PFIC 2 si caratterizzano per acidi biliari elevati nel sangue (responsabili del prurito) e bassi nella bile, con livelli di GGT normali. Quest’ultimo è un dato caratteristico e utilizzato per la diagnosi, tanto che valori costantemente normali di GGT, in un quadro con i sintomi descritti, identifica già con alta probabilità un gruppo di pazienti con una colestasi familiare progressiva di tipo 1-2.
Nella PFIC 3 la diagnosi è, invece, più complessa e gli esami ematochimici sono meno indicativi; tipicamente risultano elevati sia gli acidi biliari che le GGT10-11.
PFIC4 si manifesta, con colestasi a GGT normali o lievemente elevate [4-10]. Infine, dalle recenti descrizioni di casi clinici con forma PFIC 5 si evidenzia una forma colestatica a GGT basse o normali. E’ caratterizzata da una precoce e severa coaugulopatia, vitamina K indipendente, con iperammoniemia9-14.
Ecografia addome: viene eseguita tra gli accertamenti di primo livello per escludere una malattia delle vie biliari. in caso di PFIC, generalmente, l’ecografia è normale, non vi sono alterazioni dell’albero biliare, ma si possono evidenziare una colecisti di dimensioni ingrandite o calcoli della colecisti (in PFIC 2-3) 6.
Analisi molecolari: In passato i singoli geni venivano analizzati uno alla volta mediante sequenziamento. Attualmente l’analisi si basa sull’uso delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione e tutti i geni vengono analizzati in contemporanea. Come accennato, tuttavia, alcuni geni solo di recente sono stati associati a forme di PFIC e pertanto non sono inclusi in tali pannelli.
La diagnosi di PFIC può richiedere molto tempo prima che sia chiaramente definita. Volendo definire un tipico iter diagnostico, possiamo indicare i seguenti passi:
- viene eseguito un prelievo di sangue per analizzare gli indici epatici (bilirubina, enzima GGT, acido biliare sierico, profilo coagulativo, albumina). Tali prelievi verranno ripetuti periodicamente per monitorare l’andamento della malattia.
- Viene eseguita inoltre un’ecografia dell’addome completo per determinare le dimensioni del fegato e della milza e per valutare se il flusso di sangue al fegato risulta adeguato.
- Può essere eseguita una densitometria ossea per valutare se la densità ossea è ridotta a causa della carenza di vitamina D.
- Per una più precisa determinazione del danno epatico si rende necessario eseguire una biopsia epatica, in cui viene prelevato un piccolissimo campione di tessuto del fegato che poi verrà analizzato al microscopio. La biopsia epatica viene eseguita in regime di ricovero e in sedazione; i rischi della procedura sono bassi per la maggior parte dei pazienti.
- Per determinare il tipo di PFIC, viene effettuato un test genetico, ossia l’analisi di una piccola parte del DNA, che nella malattia risulta mutato. L’esito dell’esame richiede almeno due settimane14.