Acido obeticolico, regressione di fibrosi e cirrosi in pazienti con colangite biliare primitiva. #EASL2018

Dati sulla biopsia epatica del sottostudio di fase 3, POISE, supportano la capacità dell'acido obeticolico (OCA) di indurre regressione o stabilizzare la fibrosi e la cirrosi nei pazienti con colangite biliare primitiva (PBC) a seguito di un trattamento a lungo termine. E' quanto emerge dai dati presentati durante l'International Liver Congress 2018, il 53 ° Meeting annuale dell'Associazione europea dello studio del fegato (EASL) da poco conclusosi a Parigi.
Dati sulla biopsia epatica del sottostudio di fase 3, POISE, supportano la capacità dell'acido obeticolico (OCA) di indurre regressione o stabilizzare la fibrosi e la cirrosi nei pazienti con colangite biliare primitiva (PBC) a seguito di un trattamento a lungo termine. È quanto emerge dai dati presentati durante l’International Liver Congress 2018, il 53 ° Meeting annuale dell'Associazione europea dello studio del fegato (EASL) da poco conclusosi a Parigi.
La colangite biliare primitiva (PBC) è una malattia epatica colestatica autoimmune rara che mette a rischio i pazienti per complicazioni potenzialmente letali. La PBC è principalmente una malattia delle donne, che affligge circa 1 su 1.000 donne di età superiore ai 40 anni. Se non trattata, la sopravvivenza dei pazienti affetti da PBC è significativamente peggiore rispetto alla popolazione generale.
Nel mese di dicembre 2016 OCA ha ricevuto l'autorizzazione alla commercializzazione condizionata in Europa per il trattamento della PBC in combinazione con l’acido ursodesossicolico (UDCA) negli adulti con una risposta inadeguata all'UDCA o come monoterapia negli adulti incapaci di tollerare l'UDCA, condizionatamente alla presentazione di ulteriori dati post-approvazione per confermare il beneficio. OCA ha ricevuto l'approvazione condizionata dalle autorità sanitarie del Canada nel maggio 2017.
Ad oggi tale farmaco non è indicato per la regressione della fibrosi o della cirrosi nei pazienti con CBP.
Precedenti studi di biopsia longitudinale hanno dimostrato che i pazienti che non sono trattati o hanno una risposta inadeguata con acido ursodesossicolico (UDCA), l’attuale standard di cura, hanno un significativo rischio di progressione, di insufficienza epatica, trapianto e morte.
Lo studio POISE ha studiato la sicurezza e l'efficacia del trattamento una volta al giorno con OCA in pazienti con PBC con una risposta terapeutica inadeguata o che non sono in grado di tollerare l'UDCA, l'attuale standard di cura. Dei 216 pazienti randomizzati a tre bracci di trattamento: placebo, OCA 5 mg titolato a 10 mg o OCA 10 mg- il 93% ha continuato a ricevere UDCA. Il gruppo di titolazione di OCA 5-10 mg ha ricevuto il farmaco a 5 mg per sei mesi, dopodiché il dosaggio è stato aumentato a 10 mg in base alla tollerabilità e alla risposta biochimica.
L'endpoint primario dello studio era una riduzione delle ALP (fosfatasi alcalina) al di sotto della soglia di 1,67 volte il limite superiore della norma, con una riduzione minima del 15% del livello di ALP dal basale e un livello di bilirubina normale dopo 12 mesi di terapia. La maggior parte (97%) dei pazienti che hanno completato la fase in doppio cieco dello studio POISE è entrata in un'estensione in aperto (open-label extension).
La biopsia epatica non è lo standard di cura nella PBC ed è tuttavia difficile da ottenere negli studi clinici. In questo sottostudio volontario dello studio POISE di Fase 3, è stato possibile ottenere biopsie adeguate per l’analisi di 13 pazienti, con fibrosi o cirrosi epatica al basale.
Dopo tre anni di trattamento con Acido Obeticolico (OCA) 11 su 13 pazienti hanno migliorato o mantenuto la fase istologica fibrotica. La maggior parte dei pazienti è migliorata (n=6, 46%) o ha mantenuto (n=5, 38%) lo stadio istologico fibrotico, mentre due pazienti (15%) hanno dimostrato uno stadio di progressione.
Dei quattro pazienti con cirrosi al basale, tutti hanno mostrato una regressione di almeno uno stadio e tre (75%) hanno migliorato la fibrosi senza cirrosi. Nove pazienti (69%) hanno manifestato prurito, un’incidenza consistente con il tasso osservato nella popolazione di studio più ampia; cinque eventi avversi gravi sono stati riportati in cinque pazienti, tutti erano ritenuti improbabili da correlare, o non correlati, a OCA.